Aia Vecchia, salumi nel segno della tradizione ma con maiali danesi

di Daniela Ruggeri 😋

La fortuna di avere a disposizione un territorio di 100 ettari - sia di proprietà sia in affitto - in una sub-regione non preda dell'inquinamento atmosferico. È questo è lo scenario in cui è sorta, per volontà di Graziano Latini e della moglie Chiara Mandrelli, l'azienda agricola ''Aia Vecchia'', nell'abitato di Monteboaggine, ai piedi del Monte Carpegna, a Cisterna di Montecopiolo nel cuore del Montefeltro.


Qui si diventa
dipendenti del Montefeltro e si può arrivare a comprendere la scelta di vita fatta dai due agricoltori-allevatori. Allevatori che, con passione, lavorano la carne di maiale dal 1977; secondo un rituale semplice e nel rispetto degli animali.


''Non si dà niente per scontato: ci sono rischi e imprevisti, ma anche grandi soddisfazioni. La sveglia è alle 5.30 del mattino e per prima cosa ci si occupa delle stalle. Poi si passa al laboratorio. Non facciamo molta vita mondana. L'azienda nasce da una tradizione di agricoltori: prima dei maiali avevamo i bovini. In seguito la scelta è ricaduta sui suini in virtù della specializzazione di Graziano: ha avuto l'intuizione di scegliere una razza particolare; la razza danese".


Cosa vuole dire conoscere il cibo che mangiamo?


''Noi siamo cresciuti in un ambiente tradizionale, per cui il profumo di una buona brace l'abbiamo nella nostra memoria. Dopo tanti anni d'osservazione, cioè dopo 30 anni d'esperienza, ci siamo spinti verso la Danimarca e abbiamo scelto solo questa razza. La carne è chiara, magra e, soprattutto, questo Paese a livello genetico è molto più evoluto: gli animali non presentano malattie. Sono di una qualità superiore rispetto a tante altre.  Ha una buona capacità di accrescimento, non ha grassi e i cuochi ci dicono che è un ingrediente importante in  cucina. Soprattutto la porchetta: rimane chiara e gustosa''.


L'allevamento è sempre artigianale, eppure il nome dell'Aia Vecchia appare nei menù dei ristoranti più rinomati del circondario. 


''Vengono nutriti con miscele di cereali, che per ragioni climatiche non riusciamo a coltivare noi. Il fieno, di contro, è il nostro. I maialini sono controllati, dalle autorità preposte, a scadenze fisse. I controlli vertono sulla qualità del mangime, dell'acqua e, non da ultimo, sul benessere di ogni esemplare. Rimangono in sede fino al raggiungimento dei 40 chili, poi vengono spostati, per ragioni di spazio, nell'altro sito che abbiamo nel comune di Sassocorvaro. Ci teniamo tantissimo alla valorizzazione e salvaguardia del nostro prodotto e siamo aiutati dai nostri figli, Samuele e Federico''.


Qual è una buona quantità produttiva pur mantenendo le caratteristiche di nicchia?


''Dipende dai periodi: noi lavoriamo 12/15 maiali a settimana. Abbiamo una clientela esigente e il ''bollo CE'' è impresso sui nostri salumi, insaccati vari e sulla carne fresca. Utilizziamo soltanto sale e pepe, come si faceva una volta: nulla di chimico e nessun colorante. I nostri prodotti possono essere consumati sia dai celiaci sia da chi presenta intolleranze alimentari. La stagionatura raggiunge i due anni".


Una domanda sorge spontanea: è proprio vero che del maiale non si butta nulla?


''Non si buttano via neppure le ossa: vengono utilizzate per fare la testa.. Se pensiamo poi che i primi trapianti di cuore li hanno eseguiti utilizzando le valvole del maiale, capiamo quanto sia radicato nella nostra vita".


Per chi è più curioso, consigliamo una visita allo spaccio aziendale che da 7 anni viene gestito da Michela: impegnatissima a spiegare ai clienti le peculiarità di questo piccolo paese di appena 1200 anime.


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