Il sorbetto al Sangiovese che parla la lingua della Romagna
di Milena Renzi -
Dalla vigna alla vaschetta, dal Sangiovese di Bacchini alla Gelateria Il Gelso: l’arte gentile di Gabriele e delle sue colonne di zucchero.
Ci sono luoghi che nascono per dolcezza, e persone che la dolcezza la respirano come un destino. A San Giovanni in Marignano, piccolo borgo sospeso tra collina e mare, c’è una gelateria che ha saputo trasformare un mestiere antico in un’arte gentile. Si chiama Il Gelso “ad Sin Gian” e chi varca la sua soglia lo capisce subito: qui il gelato non si serve — si racconta.
Appena entri, ti accoglie un calore che non ti aspetti da un luogo dove si lavora il freddo. L’aria profuma di frutta fresca e di zucchero caramellato, la luce filtra morbida e dorata, le voci delle ragazze si intrecciano con il rumore delle spatole che mescolano i gusti del giorno. Ogni dettaglio sembra studiato per coccolarti, per dirti: “Benvenuto, qui il tempo ha un sapore”.
Il viaggio di Gabriele
Dietro a questa storia c’è Gabriele, un artigiano dell’anima, di quelli che credono che il gusto sia una forma di linguaggio universale. Ha le mani forti e lo sguardo buono di chi ama il proprio lavoro. La sua storia comincia nel 2012 a Cattolica, con la prima gelateria, Il Mandorlo: un laboratorio piccolo, profumato di latte fresco e vaniglia, dove ogni gusto nasceva da ingredienti semplici e veri.Poi, nel 2016, insieme a Monia Guidi, apre Il Gelso — una nuova casa per i sogni. Le sedi oggi sono due: una a Cattolica, in via Mancini, e una a San Giovanni in Marignano, dove l’arte incontra la lentezza, e la lentezza diventa sapore.
Gabriele non è un imprenditore nel senso moderno del termine: è un artigiano curioso, un cercatore di armonie.Non gli basta fare gelato: vuole emozionare. E in questo lo aiutano le sue “colonne di zucchero” — una squadra di venti donne che lavorano al suo fianco con dedizione e leggerezza.
«Sono in netta minoranza», dice sorridendo, «ma senza di loro Il Gelso non esisterebbe».
Non sono parenti, ma una grande famiglia. C’è chi prepara le basi con precisione da alchimista, chi accoglie i clienti come vecchi amici, chi decora le coppe come se fossero opere d’arte.Nel laboratorio del Gelso si respira una complicità silenziosa, quella che nasce solo quando ci si fida davvero. È un mondo fatto di donne e di sorrisi, dove il lavoro diventa musica e il gelato poesia che si scioglie piano.
L’incontro con la Tenuta del Monsignore
Durante il Capodanno del Vino, tra il profumo dolce del mosto che invade le vie di San Giovanni in Marignano e il tintinnio dei calici alzati per celebrare la vendemmia, Gabriele — originario di Montecchio di Pesaro ma ormai marignanese d’adozione — incontra Nicoletta Bacchini della Cantina del Monsignore. Due mondi apparentemente distanti, quello del gelato e quello del vino, si riconoscono nella stessa passione per la terra, nella ricerca del sapore autentico e nella cura quasi alchemica con cui si trasforma la materia prima in emozione. Mentre Nicoletta racconta del suo Sangiovese, dei tempi di maturazione e del rispetto per i ritmi della natura, Gabriele parla di equilibrio e di coraggio creativo: gorgonzola, fichi e pere o cioccolato fondente e sale di Cervia, esperimenti che diventano emozione al primo assaggio. Entrambi sanno che il gusto vero nasce da un gesto sincero, da un legame profondo con la memoria e con il territorio. Così, in un pomeriggio che profuma di vendemmia e di buone idee, nasce un dialogo che unisce due arti e due anime della stessa Romagna: il vino del Monsignore e i gelati di Gabriele, due modi diversi ma complementari di raccontare la nostra terra.
Un giorno, in questa avventura, arriva un incontro destinato a cambiare tutto: quello con Nicoletta Bacchini, della Tenuta del Monsignore, una delle aziende vitivinicole più antiche e amate della Romagna. La Tenuta, fondata nel 1385, domina le colline di San Giovanni in Marignano. I suoi 140 ettari di terra custodiscono 82 ettari di vigneti e 20 di oliveti, dove il tempo scorre lento e il vino matura ascoltando il canto del vento.
Da diciannove generazioni, la famiglia Bacchini coltiva la terra con la sapienza che nasce dall’amore. Tra le sue etichette più celebrate spicca “La Levata” Colli di Rimini Sangiovese, premiata con la Medaglia d’Oro al concorso “Amarcord – Fellini 100”.
Un vino che racconta la Romagna con la voce calda della sua gente: profumo di viole, colore rubino, gusto pieno e sincero. Nicoletta e Gabriele si incontrano quasi per caso, ma si riconoscono subito. Lei parla di viti, di fermentazioni lente, di luce e di stagioni; lui parla di gelato, di equilibrio, di materia viva. E da quell’incontro nasce un’idea straordinaria: trasformare il Sangiovese in un sorbetto.
Il sorbetto al Sangiovese: poesia fredda
Io, lo ammetto, sarei da panna e cioccolato. Sono una di quelle che raramente si inerpica in nuove avventure del gusto e, quando non lo fa, poi se ne pente. Ma oggi qualcosa cambia: sarà l’aria di vendemmia, sarà la curiosità che non so più trattenere. Davanti a questo meraviglioso sorbetto al Sangiovese, decido di provarci — pur essendo astemia, e credetemi, rigidità e astemia non sono qualità che aiutano a sperimentare!
Quando lo vedo per la prima volta resto senza parole. Davanti a me, un colore che non si dimentica: malva luminoso, con riflessi rubino che sembrano trattenere la luce del tramonto. Un cucchiaino, poi un altro. È un’esperienza. Fresco, elegante, vivace, il sorbetto al Sangiovese ha la grazia del vino ma la leggerezza dell’aria.
Sa di uva e di colline, di erba bagnata e di fiori. È dolce il giusto, frizzante quanto basta, e lascia una traccia lieve e persistente, come un ricordo felice. Assaggiandolo, sembra di bere la Romagna. Ogni nota racchiude un frammento di storia: il lavoro nei filari, il sole che scalda i grappoli, la pazienza del tempo. E il freddo diventa emozione.
Non è un sorbetto, è un racconto in forma di sapore.
Il sorbetto al Passito: il sogno che nasce
Ma Gabriele e Nicoletta non si fermano qui. La loro collaborazione ha acceso una scintilla creativa che guarda già oltre. Nel loro taccuino dei sogni c’è un nuovo progetto: un sorbetto al Passito. Un vino dorato e inebriante, simbolo della lentezza e della maturità. Il Passito della Tenuta del Monsignore profuma di miele e fichi secchi, di albicocca e tramonto, di dolcezza antica. Trasformarlo in sorbetto sarà come catturare il sole d’autunno in un cristallo di ghiaccio: un dessert da meditazione, perfetto per chi ama la finezza delle cose rare.
Le alchimie del Gelso
Nel laboratorio del Gelso, la curiosità è una forma d’arte. Tra i mantecatori e i bilancini digitali, si muove una fantasia che sfida le regole e celebra l’audacia. Gabriele non teme l’imprevedibile, anzi: lo cerca, lo accarezza, lo trasforma. Nascono così sperimentazioni alchemiche che spaventano i prudenti ma affascinano gli audaci.
Un esempio? Il suo gelato fichi, gorgonzola e pere. Un gusto che sembra un paradosso e invece è un piccolo miracolo. Il dolce dei fichi abbraccia il salato del gorgonzola, la pera addolcisce e rinfresca, e all’improvviso tutto trova un senso. È un equilibrio nuovo, inatteso, che stupisce e convince. Un sapore che non consola — sbalordisce. E mentre qualcuno, sorridendo, resta fedele al rassicurante trio di panna, cioccolato e fragola — gusti “di casa”, sapori che fanno da coperta al cuore — altri si lanciano nella scoperta di questi contrasti poetici, capaci di risvegliare il palato e la fantasia. Perché anche il gelato, a volte, può essere una forma di coraggio.
Il Gelso: un salotto di dolcezza e poesia
Entrare al Gelso è come entrare in un piccolo salotto bohémien dove ogni cosa ha un’anima. Le pareti color pastello, la musica lieve, i profumi che ti abbracciano piano.
Le ragazze dietro al banco ti accolgono con un sorriso che sembra un invito a rallentare. Ti raccontano i gusti come se fossero storie, ti consigliano con affetto, e in un attimo ti senti parte del luogo. Non sei un cliente, sei un ospite.
Ogni coppetta è un piccolo gesto d’amore. C’è chi assaggia piano, chi chiude gli occhi, chi scatta una foto per ricordare il colore del sorbetto al Sangiovese. E mentre fuori il mondo corre, qui dentro tutto rallenta, come se il tempo — per una volta — si fosse messo a respirare.
La Romagna nel bicchiere e nel cucchiaino
C’è un filo invisibile che unisce la Tenuta del Monsignore e Il Gelso: è la passione per le cose vere, per la terra, per la bellezza che non ha fretta. Da una parte, le colline e la storia millenaria dei Bacchini; dall’altra, le mani artigiane e i sorrisi delle “colonne di zucchero” di Gabriele. Entrambi raccontano la Romagna autentica, quella che vive nei dettagli, nei sapori, nei gesti gentili. E allora, se un giorno vi troverete tra queste colline, concedetevi questo piccolo viaggio dell’anima: passeggiate tra i filari della Tenuta del Monsignore, respirate l’aria del Sangiovese “La Levata”, e poi scendete in paese, fino al Gelso. Ordinate un sorbetto al vino, sedetevi, chiudete gli occhi. Ascoltate. Nel silenzio sentirete la voce della Romagna che vi sussurra, dolce e tenace:
“Questa a so me: sono io".
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