I Fornelli di Sara - 5: i "Sgnur e l'arte del gelato", zuccotto al caffè

È con piacere e un pizzico d'orgoglio che ItaliaSapore.it torna, per la quinta volta, a proporre "la penna" di Sara Leardini, cuoca per diletto. Con questa rubrica dal titolo I fornelli di Sara si prosegue il viaggio tra alcune proposte facilissime - e parecchio gustose - da portare sulla tavola di casa. Auguriamo a tutti buona lettura e buon appetito!

A Miramare, che è il quartiere in cui vivo, uno dei più grandi del comune di Rimini, sono sopravvissuti al tempo soltanto due dei numerosi villini, risalenti ai primi del '900, che le famiglie aristocratiche dell'epoca facevano costruire come residenze estive.


- Zuccotto al caffè -

Mio babbo, classe '39, se le ricorda bene, soprattutto quella della Contessa Quaderni che gli voleva bene quasi fosse un figlio.

Nei primi anni del '900 il turismo a Rimini e sulla Riviera Romagnola in generale era riservato soprattutto a famiglie d'alto rango: nobili, senatori, ministri e commendatori, che in dialetto romagnolo venivano chiamati i “Sgnur” cioè i “Signori”.

Gli stabilimenti balneari erano agli albori. Pochissimi e concentrati nella zona del Grand Hotel, denominata Marina Centro, consistevano in qualche cabina in legno, dove cambiarsi, e alcune tende colorate fissate con bastoni. La spiaggia era selvaggia, formata da dune, dietro le quali ci si svestiva per correre poi in acqua in mutande. I costumi? Roba da ricchi!

Mio babbo si ricorda quando, da ragazzino, vedeva dalla finestra di casa le suore della Congregazione Sorelle dell'Immacolata, l'ordine fondato proprio a Miramare da Don Domenico Masi, scendere dopo i Vespri, tutte insieme al mare a fare il bagno di sera, lontane da occhi indiscreti.

 
- Sara Leardini - 

Dopo la pausa inevitabile della seconda Guerra Mondiale, il turismo negli anni '50 riprende. Tornano i “Sgnur” ma anche l'uso delle colonie balneari, le quali nate nell'800 come ricoveri per i bambini affetti da tubercolosi, nel dopoguerra presero un'altra funzione, più ricreativa. 

Alla stazione di Miramare d'estate, un giorno sì e l'altro pure, si fermavano treni carichi di ragazzini, che una volta scesi venivano radunati tutti in fila e accompagnati nelle diverse colonie che sorgevano nei dintorni, come l'imponente colonia Bolognese e la avveniristica colonia Novarese con la sua forma a transatlantico.

Questo brulicare di gente, che vedrà il suo boom negli anni '60, porterà all'affermazione di una specifica attività legata inizialmente al turismo estivo e cioè quella della gelateria.

In quel tempo un gelato monogusto costava 5 lire, 2 gusti 10 lire. Un cugino di mio nonno Luigi, un certo Pimaco Montemaggi, fu il primo a Riccione a importare dalla Germania una macchina per produrre il gelato ed aprì una catena di gelaterie lungo la riviera, insegnando l'arte del gelato a generazioni di aspiranti gelatai.

Il gelato se inizialmente era considerato il dessert dei “Sgnur”, successivamente è diventato il premio per i bambini alla domenica, per arrivare ai giorni nostri a essere un alimento quotidiano godibile in ogni periodo dell'anno. Sapete allora cosa c'è? ... che adesso mi vado a mangiare un buon gelato!

Zuccotto al caffè


Montate 400 ml. di panna fresca mentre in un altro contenitore lavorate 250 grammi di mascarpone con 180 grammi di zucchero e una mezza tazzina di caffè (io lo scelgo amaro). Unite la panna al composto e mescolate delicatamente. A questo punto, prendiamo una ciotola di circa 20 cm di diametro e foderiamola di pellicola trasparente. Bagnate i pavesini nel caffè velocemente e foderate il fondo e i bordi della ciotola. Circa a metà altezza versate 1/3 della crema al caffè poi continuate con un altro strato di pavesini e di crema, fino a terminare con un ultimo strato di pavesini. Riponete la ciotola in frigo per circa 3 ore. Io preferisco tenerla tutta la mattinata. In ultimo, quando è pronto, rovesciate la ciotola su un piatto da portata e rimuovete la pellicola. Aggiungere a piacimento una spolverata di cacao in polvere. Voilà, lo zuccotto è pronto!

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